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Abbracciarsi fa bene (scientificamente).

The Big Bang by Admir Hrnjica @ado3dart

Il potere terapeutico di un abbraccio, di Serena Pedi.

L’abbraccio è un gesto primordiale, una sorta di nutrimento dell’anima di cui abbiamo bisogno già quando veniamo al mondo; il pianto del neonato trova sollievo tra le braccia accudenti della sua mamma. Virginia Satir, psicoterapeuta statunitense, diceva: 

“Ci servono 4 abbracci al giorno per sopravvivere. 8 abbracci al giorno per mantenerci in salute. 12 abbracci al giorno per crescere.

– Virginia satir –


Esso è un atto di dono verso l’altro, ma in pochi sanno che i suoi benefici tornano indietro, arricchendo così anche chi lo dona.
Tale gesto, così naturale e così apparentemente semplice, ha un grande potere terapeutico, poiché attiva una risposta sul piano neurofisiologico, su quello psicologico individuale e su quello relazionale.
Proprio a partire da tale consapevolezza, diversi anni fa sono nate in Australia delle vere e proprie campagne “Free Hugs” (abbracci liberi), finalizzate a trarre il maggiore benessere possibile dagli abbracci: un individuo si pone su una piazza e con un cartello con su scritto “Free Hugs” al collo, “distribuisce” abbracci a chi li desidera. Tale esperienza è stata replicata in più paesi, riscuotendo grande successo e partecipazione.
Ma cosa accade quando scambiamo un abbraccio con qualcuno?
Sul piano relazionale l’abbraccio costituisce un momento di interscambio di materiale emotivo, durante il quale ci si ferma dentro al proprio disagio, traendo forza dall’altro. È un momento in cui si decide di smettere di proteggersi e ci si lascia andare.
Non è inusuale scoprire che per alcune persone è molto difficile abbracciare l’altro. Ciò rivela alcune difficoltà emotive, poiché tale gesto richiede alcune “competenze” relazionali:

1. Capacità di lasciarsi andare: abbracciare comporta un rilassamento del proprio corpo e della propria mente. Diventa un gesto complesso per chi mostra rigidità, per chi, difficilmente, esce dai propri schemi mentali e comportamentali. Tali persone generalmente (non sempre), esprimono anche nel rapporto con l’altro tale caratteristica, attivando relazioni anche affettuose, ma poco sul piano dell’espressione corporea.
2. Rapporto con la fisicità e con il contatto corporeo: all’interno di tale categoria rientrano coloro i quali vivono un rapporto complesso con il proprio corpo, vissuto ad esempio come ingombrante, non adeguato, poco piacevole, come qualcosa che andrebbe eliminato. Tale situazione appartiene in genere a coloro che hanno un rapporto problematico con il cibo, a coloro che hanno vissuto relazioni primarie povere sul piano affettivo (genitori che non esprimono fisicamente il loro amore) oppure a coloro che hanno vissuto esperienze traumatiche in cui il contatto fisico è stato foriero di traumi profondi (abusi o maltrattamenti).
In queste situazioni viene enormemente limitata la possibilità di usare il corpo come canale di espressione per l’affettività; anche laddove il rapporto con l’altro è di fiducia, il corpo verrà vissuto come un impedimento, più che una risorsa, per cui tanto in un abbraccio, quanto nell’atto sessuale, potrà verificarsi una rigidità muscolare evidente anche all’altro.
3. Fiducia nell’altro: abbracciare è anche un atto di fiducia e di affidamento: non posso abbracciare qualcuno di cui non mi fido e, se lo faccio, non solo sentirò disagio, ma non ne trarrò tutti i benefici che dovrebbe portarmi.
Se c’è un rapporto problematico con l’altro o una più generale sfiducia nel genere umano, tale capacità verrà intaccata totalmente o limitata ad un numero ristrettissimo di persone.
4. Capacità di chiedere aiuto. Nell’abbraccio io inconsapevolmente sto dando e sto chiedendo all’altro. Quanto più sono capace di affidarmi all’altro, di chiedere aiuto, tanto più sarò capace di lanciarmi in questo scambio.

Il benessere dell’abbraccio coinvolge anche il nostro corpo. Dentro alla semplicità di un gesto umano si nasconde un potente attivatore di circoli virtuosi tra mente e corpo.
Sul piano neurofisiologico, osservazioni scientifiche mettono in evidenza quanto segue:

Durante l’abbraccio con l’altro, vengono liberate endorfine dal cervello (dall’ipofisi, nello specifico). Si tratta di sostanze chimiche che hanno un potere analgesico, di attenuazione del dolore fisico e di attivazione di un generale stato di benessere.
Accanto ad esse, fondamentale è l’attivazione dell’ossitocina, conosciuto anche come ormone dell’amore, che attenua lo stress. Esso viene rilasciato quanto più la relazione tra i due è importante sul piano affettivo. Altri neurotrasmettitori sono la serotonina e la dopamina, che producono un effetto sedativo, di calma e tranquillità.

L’abbraccio migliora l’ossigenazione del sangue grazie alla produzione di emoglobina, che trasporta l’ossigeno ai tessuti, ringiovanendoli.

Uno studio pubblicato su Psychosomatic Medicine ha evidenziato che soprattutto nelle donne, dopo una serie di abbracci, si verificava un calo della pressione sanguigna e del cortisolo (ormone dello stress), a beneficio del cuore e della circolazione sanguigna.

Avviene anche una specie di sincronizzazione cerebrale, una condizione insolita in cui l’attività elettrica dei due emisferi è equilibrata. Secondo il Dott. Lester Fehni tale condizione aumenta enormemente il potenziale del proprio cervello, in termini sia di sviluppo ed apprendimento, che nella ricettività ad altri livelli di coscienza.
Gli effetti sullo stato psicologico individuale sono molto interessanti. Numerosi studi confermano, infatti, che gli abbracci, ed in generale l’espressione dell’affettività, incidono su tali fattori:

L’Autostima: il contatto fisico con l’altro, la sensazione di essere accolto e protetto, migliora, soprattutto nei bambini, il rapporto con sé stessi accrescendo l’autostima.

Competenze linguistiche e QI: un bambino esposto ad espressioni affettive frequenti, mostra delle competenze cognitive più adeguate; al contrario, un bambino esposto a condizioni di povertà affettiva, pare mostrare maggiori difficoltà tanto sul piano affettivo-relazionale, quanto su quello cognitivo.

Depressione: alcuni studi (di alcuni scienziati del Canadian Community Health Survey) confermano che frequenti manifestazioni di affetto, attraverso abbracci e carezze, riducono il rischio di vivere dei vissuti depressivi in futuro.

Stress: come dimostrato da alcuni scienziati del Medical University di Vienna, l’aumento dell’ossitocina e la diminuzione del cortisolo in circolo (legati agli abbracci), generano una riduzione dello stato di stress del soggetto.

Ansia e panico: la produzione di ormoni del benessere (serotonina e dopamina) ha un effetto significativo sullo stato d’ansia e di angoscia.

Abbracciarsi può quindi farci stare meglio su ogni piano; allora facciamolo, ma non in fretta, prendiamoci il tempo necessario perché il nostro corpo e la nostra psiche possano trarre tutti i benefici; quando un abbraccio è terapeutico lo sentiamo!

Serena Pedi
Serena Pedi

Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento relazionale, vive e lavora a Palermo. Ha conseguito la laurea in Psicologia nel 2004 con il massimo dei voti (110/110 e lode) e la specializzazione in Psicoterapia Relazionale nel 2010 con voto finale di 90/90 e lode.

L’amore per la professione – insieme alla consapevolezza che il benessere degli altri non può che passare da un processo di formazione continua personale e professionale – l’ha portata ad arricchire sempre più il suo bagaglio conoscitivo. Successivamente ha, infatti, conseguito il titolo di Ipnotista Ericksoniana, Consulente Sessuologa e Terapeuta EMDR.

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